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Saltare, correre, arrampicarsi. Il Parkour è molto di più di questo.

Mi sono avvicinato a questa disciplina quasi per caso, nel 2008, quando incontrai Pietro allo stadio dei Marmi che ostinatamente cercava di scavalcare un muro di cinta. Osservandolo capì che non era un gioco o un passatempo ma un allenamento volto a definire una tecnica. Mi appassionai e tuttora mi alleno con Pietro.

Il Parkour è una disciplina atletica urbana nata in Francia negli anni '80.

Definito come l'arte dello spostamento, allena il corpo e la mente a produrre movimenti efficienti e fluidi attraverso i quali affrontare l'ambiente e le sfide che ci offre quotidianamente.

Il praticante si definisce "traceur", cioè tracciatore, colui che traccia un percorso ed il suo obiettivo è arrivare alla massima conoscenza del suo corpo unita al completo controllo della sua mente.

Col passare degli anni, oltre ad una codifica dei movimenti di base, i pionieri di questa attività hanno formalizzato dei principi etici e morali sui quali fondare la propria crescita personale, non solo come atleti, ma soprattutto come persone.

Sono entrati a far parte della disciplina concetti come

Coraggio

Il coraggio si distingue dalla spavalderia in quanto deriva dall’accettazione e dalla conoscenza di se e delle proprie capacità. Lo scopo di questi atleti non è andare oltre il limite ma capire dove si trova e accettarlo.

Forza

In inglese esistono due parole per definire la forza: strenght per la forza fisica e force per quella mentale. Nel Parkour servono entrambe ma il vero focus è nello sviluppo della forza di volontà.

Rispetto

Conoscere i propri limiti insegna a rispettarli, a rispettare se stessi. Non abusare del proprio corpo. Conseguentemente si comprende il rispetto per gli altri e per l’ambiente che occupiamo.

 
 

Il Parkour apre la strada alla coscienza di sé in relazione all’ambiente circostante, permettendo di vedere gli spazi comuni con occhi nuovi. La scoperta attraverso il divertimento è un caposaldo dell’apprendimento e nel Parkour il concetto di “gioco” è sempre presente, difatti una mente serena si apre all’esplorazione e alla scoperta, fondamenti dello sviluppo cerebrale coordinativo ed intellettuale.

È fondamentale comprendere come un traceur abbia una visione alternativa e liberatoria degli spazi circostanti: le barriere architettoniche che fioriscono nelle nostre città vengono viste da questi ragazzi come un’opportunità per creare movimento. Il continuo confronto con il proprio “io”, che porta verso una sempre maggiore conoscenza di sé (corpo e mente), genera nel traceur una sorta di senso di scarcerazione che, unito ad nuova visione degli spazi, accende una scintilla di libertà che esplode durante l’esecuzione del gesto atletico lasciando l’osservatore attonito e distratto solo dall’apparenza finale.

Così le parole chiave si moltiplicano:

Nove ragazzini di una banlieu parigina degli anni '90 non avrebbero mai potuto immaginare che il loro svago, nato dalla necessità di evadere da quella dura realtà, avrebbe conquistato il mondo nell'arco di due generazioni. A 30 anni dalla sua nascita, il Parkour viene praticato ovunque, da adulti e bambini, uomini e donne. Sebbene venga considerato alla stregua di una moda sono convinto che rappresenti qualcosa di più: un richiamo al nostro istinto animale, una breccia nel labirinto del sistema e una visione alternativa della realtà urbana; ma anche una ricerca di valori che sembrano sbiadire all'ombra delle esigenze della società moderna. "Esplorazione" e “libertà" sono parole chiave; esplorare per conoscere, conoscere per essere liberi.

Fotografo il Parkour dal 2014 e con le mie foto intendo descrivere la sua comunità per comprendere le ragioni che portano un individuo ad avvicinarvisi, ma anche creare un archivio che rappresenti la storia e lo spirito di questa disciplina. Un progetto per vedere il mondo con gli occhi di un traceur. Voglio far emergere la personalità del Parkour attraverso un percorso inusuale e a tratti indiscreto che traccia la vita dei praticanti, il loro allenamento e le loro esperienze giornaliere. Il mio obbiettivo è disancorandovi da ogni appiglio di superficialità svelando le esperienze che hanno portato il traceur fino all’espressione di se stesso e le emozioni dietro le quinte di ogni gesto atletico. Paura, dubbio, ansia, insoddisfazione, condivisione, coraggio, controllo, scoperta, divertimento, libertà.


Foto dopo foto vi mostro il Parkour attraverso gli occhi di chi lo pratica.

La scelta del mezzo fotografico è fondamentale essendo uno dei metodi arcaici di comunicazione sopravvissuto alla digitalizzazione e che tuttora perdura ai ritmi delle nostre moderne società; la fotografia è un linguaggio alla portata di tutti ma soprattutto è diretta, istantanea e paradossalmente inconfutabile.

Non mi sento un difensore di questa disciplina, non mi raffiguro come un esperto capace di diffondere la conoscenza. Il mio intento è di rivelare quel che vedo attraverso la lente. Ciò nonostante non pretendo di essere obiettivo, conosco me stesso e le proprietà del mezzo di comunicazione che ho scelto, quindi so che la mia è e rimane un’interpretazione. Per spiegarlo con le parole di un grande fotografo: “ci sono due persone in ogni foto: il fotografo e l’osservatore” (Ansel Adams). Io vi ho dato la mia interpretazione, ora tocca a voi.